Se il nostro sport fa sul serio sul tentativo di attrarre un’audience davvero diversificata allora farebbe meglio a studiare bene i recenti sviluppi dell’ippica in Corea del Sud.
Pubblichiamo in tre parti l’interessante articolo di Howard Wright comparso su “Thoroughbred Owner and Breeder” di Marzo.
Ciascuno, in tutte le industrie ippiche e delle scommesse, è alla ricerca di un’audience più grande, specialmente tra le generazioni più giovani. Forse una delle risposte che cerchiamo la possiamo trovare in Corea del Sud, paese che gli ippici europei di solito non associano con lo sport più tradizionale; piuttosto, un paese che cerca di ritagliarsi uno spazio sul palcoscenico mondiale.
La creazione di nuove corse, il simulcasting all’estero, l’ammissione degli operatori stranieri, l’eliminazione di un tetto di prezzo per le importazioni di cavalli e l’introduzione di un sistema di rating riconosciuto internazionalmente mostrano come l’autorità di corse Coreana stia prendendo provvedimenti che lasceranno il segno. Ma la loro vera iniziativa si sviluppa partendo da un problema che suona familiare: il fatto che le scommesse sulle corse calavano.
I clienti perdevano interesse e la quota di mercato scendeva, specie a confronto con ciò che accadeva alle scommesse sportive, ai casino e all’online, tutti in progresso. Si aggiunga a questo quadro la minaccia pervasiva (e tipica dell’Asia) delle scommesse illegali, che si stimano aver superato le legali di 4 miliardi di dollari/anno (11 contro 7 miliardi): per tutto ciò i gestori delle corse coreane erano in difficoltà, avevano bisogno di cambiare la percezione negativa che la gente aveva sviluppato sulle corse, dovevano di nuovo catturare l’interesse del pubblico generale. Oltre a iniziative internazionali innovative, una delle loro risposte è stata la trasformazione dei tre ippodromi coreani in parchi tematici per famiglie dedicati ai cavalli.
<Continua…>