2015, I cavalli Made in Italy battono i pregiudizi!
Pubblichiamo un articolo scritto da Antonio Viani e tratto dal sito DerbyWinner.
Il 2015 ha visto sventolare il tricolore sul pennone più alto!
Negli ultimi giorni dell’anno, il 29 per la precisione, è uscito un articolo molto interessante su Trotto & Turf a firma Franco Castelfranchi che analizzava le corse di Gruppo e Listed inserite nel calendario 2015 del galoppo italiano.
Ottanta prove che danno un’idea precisa dello stato dell’arte e soprattutto fanno risaltare alcuni aspetti per noi molto importanti.
L’accurata analisi (complimenti all’autore) inizia mostrandoci che nella maggioranza dei casi, 41 occasioni su 80 (che diventano 21 su 28 contando solo i Gruppi), gli stranieri hanno raccolto la sfida lanciata dai nostri. Un dato quest’ultimo che induce cauto ottimismo in un periodo difficile. Questa apertura di credito dovrebbe essere analizzata con cura dai nostri dirigenti (vana speranza?) per cercare di capire quali siano le leve da azionare per aumentare la presenza di concorrenza estera, per esempio siamo convinti che una buona dislocazione temporale della prova, all’interno del programma globale europeo, sia più importante della moneta in sé.
L’aspetto che però ci ha fatto piacere veder sottolineato è che in 55 prove su 80 hanno vinto cavalli italiani ma ancora più rilevante è la straordinaria percentuale di vittorie avuta dai cavalli italiani, figli di stalloni residenti in Italia, ben 12 sui 55
successi indigeni che riportavamo sopra.
Un successo eccezionale perché non arrivato solo a livello di Listed, nove i sigilli, ma pure nei Gruppi grazie al miglior tre anni del 2015, il DerbyWinner Goldstream figlio del compianto Martino Alonso, a Cleo Fan, erede dell’eternoMujahid, vincitore in Gruppo I nel Presidente della Repubblica, e a Cassina de Pomm, figlia del dèrnier criPounced, nel Dormello di Gruppo III.
Ripetiamo, un successo davvero strepitoso se analizziamo il numero esiguo delle fattrici coperte dagli stalloni autoctoni, i sire più prolifici hanno coperto non più di una sessantina, massimo settantina, di fattrici ciascuno, enormemente meno dei tanti sire operanti all’estero. Non solo, se pensiamo alla qualità delle fattrici presentate loro, inferiore nella maggioranza dei casi rispetto a quelle che vanno all’estero non possiamo che ribadire il grandissimo risultato avuto dagli stalloni di casa nostra.
Noi ve l’avevamo anticipato in un articolo di poco tempo fa (leggi QUI) ma ci da enorme soddisfazione che il giornale tecnico per eccellenza dell’ippica italiana abbia riportato tabelle e numeri, dai quali abbiamo attinto, e che ci confortano di essere nel giusto.
Neppure si può affermare che abbiano vinto solo in assenza degli stranieri, perché in ben sette occasioni gli invader hanno provato a dire la loro e idem nelle prove di Gruppo vinte, dove in due casi su tre, c’erano gli stranieri.
L’ippica è stupenda perché si poggia sul palo d’arrivo, l’elemento tangibile che ci consente di scremare le opinioni (soggettive per loro natura) dai fatti, di avere dei riferimenti certi e delle statistiche che dovrebbero, se lette bene, far comprendere meglio le cose.
Bene, quest’anno il palo d’arrivo ci dice non solo che gli stalloni italiani sono competitivi nel contesto nazionale se confrontati sia ai prodotti stranieri sia ai prodotti italiani figli di stalloni residenti all’estero, ma ci suggerisce anche che se avessero maggiori opportunità di dimostrare il loro valore, cioè un maggior numero di fattrici coperte e di un migliore pedigree potrebbero davvero fare concorrenza a una vasta gamma di stalloni dal valore medio che opera fuori confine, con tutta una serie di benefici economici e sociali per l’ippica tricolore.
L’altra notizia basilare la scoviamo nel confronto di risultati tra figli di stalloni italiani e cavalli allevati da stud esteri e acquistati alle aste non italiane per poche migliaia di euro, pensiamo a una forbice che va dalle poche centinaia di euro fino ai 10mila (contando il solo prezzo di aggiudicazione e non
aggiungendo i vari altri costi) e che ogni anno porta qui da noi qualche centinaio di soggetti acquistati nelle varie sessioni delle aste irlandesi o inglesi.
Ebbene, anche qui leggendo le tabelle, notiamo facilmente che i figli degli stalloni indigeni stravincono su tutta la linea, di prodotti allevati all’estero e dunque acquistati nelle aste estere, all’interno di quel range sopra citato, che abbiano vinto Gran Premi ne troviamo solo 2, avete letto bene D-U-E. Sono Falest, da Refuse To Bend, allevato in Irlanda nel 2009 e pagato 7mila euro, che ha riportato due prove per tre anni e oltre (il Tudini, senza esteri, e il Bersaglio) e Mawaal, loShamardal anch’esso del 2009 che si è imposto nel Regione Toscana Listed per anziani, pagato solo 800. Gli altri vincitori, acquistati alle aste, sono tutti sopra il tetto dei 10mila euro/ghinee (per comodità facciamo finta che siano a pari cambio).
Cosa possiamo ricavare da questi dati? Semplice, che l’esterofilia spinta a cui assistiamo da decenni nel galoppo nazionale non ha ragioni reali.
Acquistare per pochi euro alle aste estere nella la speranza di aver pescato un campione non è minimamente suffragato dai numeri e dalle statistiche. Sinceramente non si capisce perché poi dovrebbe essere il contrario visto che all’estero non hanno l’anello al naso e se vendono un prodotto per mille è perché vale quello, magari si possono sbagliare ma facilmente così non è. Questi sono lotti che vengono studiati e
controllati da decine di agenti internazionali, da altrettanti allenatori e proprietari e pensare che siano tutti degli sprovveduti è un po’ ridicolo.
Ovvio che se acquisto un cavallo all’estero da 15/20mila euro in su il discorso cambia e nessuno si sogna di dire che i figli degli italiani siano sempre meglio dei figli di stalloni da 30/40/50mila euro, magari con anche mamme qualitative licitati per decine di migliaia di euro o ghinee.
Speriamo dunque di aver aperto una breccia in una delle più radicate e ben difese roccaforti ideologiche dell’ippica italiana, quella che vede in tutto quanto arrivi dall’estero qualcosa di sempre e comunque migliore e se proprio non credete a noi almeno date retta a quel signore magro con una grande testa rossa, il suo nome è Palo d’Arrivo.